domenica 23 gennaio 2011

Riflessioni

 Ho appena realizzato che esistono vari tipi di dolore; sarebbe troppo facile, troppo semplice da capire, se ce ne fosse uno soltanto.
Quello che sa mascherarsi di meno quello di solito è causato da un lutto, immaginario o reale che sia.
E' il dolore di una madre: sordo, muto, improvviso, una tempesta che invece di sconvolgere le cose, le fa restare ferme, insopportabilmente uguali. Prima o poi passa, ma è paragonabile ad un pezzo di unghia nera che impiega molto per ricrescere; il nero si accinge a scomparire, ma il processo è lento e il "segno" rimane vivido a lungo.

Segue la negazione, la dura coesistenza di dolore e finzione. Si finge, si finge tutto il tempo, e anche male! Infatti si vorrebbe che qualcuno capisse, che tutti capissero, e che facessero qualcosa, chissà cosa poi. Di solito in questi casi non si vuole essere consolati, ma nemmeno ignorati.
In realtà si vorrebbe solo far capire qualcosa a sé stessi, solo che non si sa ancora cosa.

In seguito compare una sorta di autolesionismo; il dolore causato dalla comprensione del problema e del conoscerne la soluzione convincendosi però di non essere in grado di attuarla. Insomma é una benda sugli occhi che ci mettiamo da soli. Tutte dolci menzogne, che in quanto tali, solo all'inizio appaiono terapeutiche.

Successivamente la sofferenza è simile ad una crosta visibilmente prossima a cadere. E' composta da euforia, senso di libertà (sì; sì respira meglio) e tante altre belle cose. Ogni tanto si sbircia sotto la crosticina ma, visto che ormai è in superficie, non bisogna andare troppo a fondo per farlo.

Infine la crosta cade lasciando solo una cicatrice a ricordare che le ferite sanno guarire.

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